Il tempo di Avvento era inizialmente – probabilmente dalla metà del IV secolo – un periodo di digiuno, che la Chiesa primitiva stabilì nel periodo tra il giorno di san Martino (11 novembre) e le date in cui originalmente veniva festeggiata la nascita di Cristo e la festa della sua manifestazioneil 6 gennaio. Il digiuno fu inizialmente stabilito in tre giorni la settimana[2], successivamente tutti i giorni tranne sabato e domenica. Nelle otto settimane (56 giorni) dal giorno di san Martino fino al 6 gennaio vi sono, esclusi i fine settimana, 40 giorni di digiuno, corrispondenti ai quaranta giorni di digiuno che precedono la Pasqua.[3] Le prime tracce di una tale preparazione alla nascita di Cristo si trovano nella Chiesa orientale, dove la festa dell’apparizione del Signore era un’importante data per il battesimo. Nell’Occidente la pratica del digiuno dell’Avvento si diffuse dapprima in Spagna e nella Gallia.[4]
La sua espressione nella liturgia vide l’attesa della nascita di Gesù dal V secolo circa, documentata prima a Ravenna e verso la metà del VI secolo a Roma, dove la felice attesa dell’incarnazione di Cristo fu particolarmente accentuata.
L’escatologica seconda venuta di Cristo e il Giudizio universaleincentivarono successivamente i missionari irlandesi come san Colombano, che fu missionario nelle Gallie, e contribuirono allo sviluppo dell’Avvento come periodo di penitenza; così nella Santa Messa si rinunciò al Gloria e all’Alleluia, ciò che nel XII secolo fu adottato ufficialmente anche nella liturgia latina dell’Avvento.[5] Questa ambivalenza tematica tra un periodo di penitenza e un comportamento di felice attesa si trova fino a oggi come espressione liturgica nelle domeniche di Avvento.
Il tempo di Avvento nelle quattro settimane con riferimento al Natale, risale al VII secolo. Esso è stato chiamato tempus ante natale Domini (Tempo che precede la nascita del Signore) o tempus adventūs Domini(tempo della venuta del Signore). Papa Gregorio Magno fissò le domeniche di Avvento per la Chiesa Occidentale in quattro feste.[6] Le quattro domeniche stanno simbolicamente a rappresentare i quattromila anni, che gli uomini, secondo l’interpretazione di allora, dovettero attendere per la venuta del Salvatore, dopo aver commesso il peccato originale.
Sebbene il re Pipino il Breve e l’imperatore Carlo Magno avessero predisposto per la Francia le quattro settimane del tempo di Avvento, nella Chiesa latina singole diocesi continuarono ad adottare un tempo di Avvento di cinque o sei settimane.[7] La collegata determinazione della regola, quando fu festeggiato l’Avvento, si basa sulla conciliazione delle cosiddette “dispute di Strasburgo sull’Avvento”. Il vescovo Guglielmo I di Strasburgo sostenne la tesi che il tempo di Avvento dovesse comprendere quattro settimane complete. Ciò tuttavia non s’impose.[8] Su iniziativa dell’imperatore Corrado II il Salico, un sinodo, convocato nel convento di Limburgo il 3 dicembre 1038 in assenza dell’imperatore, stabilì che dovevano esserci solo quattro domeniche di Avvento e che la prima dovesse cadere tra il 27 novembre e il 3 dicembre. Quando la quarta domenica di Avvento dovesse cadere la viglia di Natale, allora il Natale sarebbe iniziato con il vesprodi quel giorno.
La decisione fu presa dai vescovi Azecho di Worms, Reginbaldo II[9] del Principato vescovile di Spira, Eriberto, vescovo di Eichstätt, Dietardo di Hildesheim e Gualtiero di Verona.[10] Questa norma fu successivamente confermata dal Concilio di Trento, dopo che differenti tradizioni regionali l’ebbero stabilita.
La regola fu imposta di diritto nel 1570 durante il pontificato di papa Pio V. In alcune diocesi, che hanno mantenuto il Rito ambrosiano, è rimasta, ad esempio nell’arcidiocesi di Milano, la regola è di sei settimane di durata dell’Avvento.
Le Chiese ortodosse ancor oggi celebrano l’Avvento di sei settimane.
Come pericope per il Vangelo nelle domeniche dell’Avvento nel VII secolo venivano lette: Ingresso di Gesù in Gerusalemme (Vangelo secondo Matteo, 23-24), Ritorno del Figlio di Dio (Vangelo secondo Luca, 21, 25-22), la domanda di Giovanni il Battista a Gesù (Vangelo secondo Matteo, 11, 2-10), la testimonianza del Battista (Vangelo secondo Giovanni, 1, 19-28).[11] La lettura del Vangelo sull’ingresso di Gesù in Gerusalemme nella Chiesa cattolica cessò con la riforma del Messale nel 1570, nelle Chiese evangeliche viene fino ad oggi letto nella prima domenica di Avvento.
Il tempo di Avvento è tempo di digiuno per la Chiesa orientale dal Medioevo fino ai tempi odierni come Tempus clausus (Tempo chiuso). Nei “tempi chiusi” non è permesso danzare e festeggiare in modo dispendioso. Anche i battesimi festosi non vengono celebrati nei “Tempi chiusi”, ma solo “battesimi silenziosi”. Dal 1917 i digiuni dell’Avvento non sono stati più richiesti dal Codice di diritto canonico.